In carcere a Parma, si suicida con una bomboletta di gas

In carcere a Parma, si suicida con una bomboletta di gas

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Dietro le sbarre a 76 anni, ha preferito togliersi la vita. È accaduto il 1 maggio nel carcere di via Burla a Parma. Vittima C.N., un cittadino italiano che ha utilizzato una bomboletta di gas per procurarsi una asfissia fatale. A rendere noto l’accaduto è il garante dei detenuti Roberto Cavalieri e la sua è una dura presa di posizione su quanto sta accadendo tra le mura del penitenziario parmigiano.

“Questo nuovo drammatico episodio di disperazione – sottolinea Cavalieri – riporta il suicidio tra le sezioni del peniteziario parmigiano dopo quello avvenuto nel dicembre del 2015 (A.R. 49 anni italiano). Lo scorso aprile invece un uomo di 62 anni, A.T. cittadino italiano, era deceduto in una sezione di alta sicurezza dopo che da diverso tempo protestava per le sue precarie condizioni di salute e la insufficienza delle cure ricevute. Sul caso, sentito il legale del detenuto, si è potuto appurare che alcuna diagnosi era stata ancora rilasciata dai sanitari. Dopo questi tragici avvenimenti – continua il Garante – non è possibile rimanere in silenzio rimettendo il tutto alla inaccettabile normalità della illogica equivalenza tra carcere e deprivazione dei diritti”.

Soprattutto nella sfera che riguarda la salute e il benessere.

Cavalieri ricorda infatti che “A.R. era recluso nel Centro diagnostico terapeutico ed è morto per impiccagione. C.N. era recluso nel reparto Minorati fisici, con questo orribile termine, ereditato da una cultura penitenziaria che risale alle regole detentive della prima metà del novecento e che ancora dura perché nessuno ha voglia di cambiarla, ci si riferisce ad un luogo di reclusione dove si trovano persone che se fossero libere sarebbero “disabili”, “invalidi” o “non autosufficienti”. A.T. stava invece perennemente in cella convivendo con l’incertezza di quale patologia affliggesse il suo corpo e dopo essere sopravvissuto ad un ictus. Tutti e tre scontavano pene lunghe, anche l’ergastolo, che quando non ostativo di diritto lo era però di fatto. Tutti e tre vivevano in sezioni diverse, in celle singole, non partecipavano ad alcuna attività ed erano casi in carico anche alla sanità”.

Ma quello del Garante non è solo uno sfogo o una pubblica denuncia. Cavalieri chiede infatti che “si faccia chiarezza su quale sia la effettiva volontà della Amministrazione penitenziaria di gestire il carico sanitario del carcere di Parma e se si intende valutare la sostenibilità gestionale del penitenziario tenendo conto del ridotto numero di agenti di Polizia penitenziaria e di educatori. I numeri non permettono la gestione ad esempio di attività pomeridiane e per il periodo estivo al punto che è stato già diramato un ordine interno di riduzione e/o chiusura delle attività della Comunità esterna per il rispetto del piano ferie del personale per un periodo che va dal 15 giugno al 15 settembre (3 mesi!!). Non ultimo si richiama la necessità di dotare Parma di una direzione stabile e a tempo pieno. Si invita l’Ausl di Parma ad essere più tempestiva nella presa in carico dei casi sanitari e nell’efficacia degli interventi a favore dei detenuti. Infine – conclude Cavalieri – è necessario che la Magistratura di sorveglianza di Reggio Emilia riduca i tempi di risposta alle istanze dei detenuti ed in particolare vigili maggiormente sul rispetto delle norme penitenziarie e dei diritti dei reclusi”

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