La “Governance delle politiche migratorie” dei Radicali

La “Governance delle politiche migratorie” dei Radicali

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Giovedì 6 ottobre, Radicali Italiani, alla presenza di Emma Bonino e Riccardo Magi, presenteranno al Senato il rapporto “Governance delle politiche migratorie”: duecento pagine che fotografano il pianeta immigrazione. Sconfiggere la grande bugia sull’immigrazione, queste le evidenze che emergono dal dossier Governance delle politiche migratorie tra lavoro e inclusione sociale.

Immigrati: in Italia solo l’8,2% della popolazione, sono decisivi per compensare la flessione degli italiani e il loro lavoro vale I’8,7% del Pil. Su 500 milioni di europei dell’Unione, solo il 6,9% è costituito da immigrati: la quota di stranieri varia dal 45,9% del Lussemburgo allo 0,3% della Polonia, mentre l’Italia con una quota dell’8,2% è allineata agli altri grandi paesi europei come la Germania (9,3%), il Regno Unito (8,4%) e la Francia (6,6%). Nel nostro Paese l’aumento significativo degli immigrati nel corso dell’ultimo decennio ha controbilanciato la flessione degli italiani, consentendo il mantenimento del livello complessivo della popolazione.

Deve essere superato l’impianto della legge Bossi-Fini, eliminando tutti quegli elementi che hanno in questi anni, da un lato, penalizzato quanti hanno scelto di stabilirsi nel nostro Paese e dall’altro hanno permesso il perpetrarsi di situazioni di irregolarità e sfruttamento. Devono essere previsti meccanismi diversificati di ingresso per lavoro, a partire dall’introduzione di un permesso di soggiorno temporaneo per ricerca di occupazione attraverso attività d’intermediazione pubbliche e private tra datori di lavoro italiani e lavoratori stranieri e dalla reintroduzione del sistema dello sponsor. Verrebbe meno così la necessità di fissare quote d’ingresso poiché sarebbe il mercato a stabilire l’effettiva necessità di lavoratori stranieri in base alla domanda, come del resto avviene in altri stati europei.

E ancora, vanno introdotte forme di regolarizzazione su base individuale degli stranieri irregolari, nel caso sia dimostrabile l’esistenza in Italia di un’attività lavorativa, di legami familiari, sulla modello spagnolo del “radicamento”.

È indispensabile che i centri d’accoglienza migliorino la qualità dei loro servizi e siano monitorati costantemente. Soprattutto siano interfacciati strutturalmente con i servizi pubblici e privati per il lavoro (centri per l’impiego, agenzie private per il lavoro, onlus). Ciò non sarà possibile senza un significativo rafforzamento numerico e qualitativo – anche attraverso servizi dedicati all’immigrazione – dei Centri per l’impiego, finanziato con i fondi strutturali europei, in modo che siano in grado di erogare con efficacia servizi di formazione professionale e avviamento lavorativo.

Al fine di costruire canali legali e sicuri d’arrivo in Europa, si propone di implementare i programmi di reinsediamento, favorire la creazione di corridoi umanitari attraverso la concessione di un visto umanitario (art. 25 del regolamento europeo sui visti) anche con l’intermediazione di organizzazioni ed enti privati (sponsorship) e permettere a persone con evidente bisogno di protezione internazionale la presentazione di domande d’asilo nei paesi limitrofi alle aree di crisi, attraverso la rete del Servizio europeo per l’azione esterna e le singole rappresentanze diplomatiche degli Stati membri. Per quanti giungono nel territorio europeo e chiedono protezione, va determinato lo Stato membro competente per l’esame della domanda tenendo conto innanzitutto delle esigenze familiari o umanitarie del richiedente asilo e va garantito il ricorso al rispetto del principio dell’unità familiare e delle clausole discrezionali del regolamento di Dublino.

Il fabbisogno d’immigrati è di 157mila l’anno, indispensabile per compensare la riduzione della popolazione italiana in età lavorativa, per mantenere l’attuale forza lavoro e per rendere sostenibile il sistema previdenziale. La sfida sta nel trasformare tutto ciò in una opportunità, adottando politiche efficaci e efficienti basate su percorsi di autonomia, formazione, lavoro e capacità del territorio di includere. Una sfida epocale dalla quale le nostre città, l’Italia e l’Europa possono uscire vincenti o disintegrata.

Marco Maria Freddi

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