Crisi: In Emilia-Romagna la speculazione sul grano rovina 30mila aziende

Crisi: In Emilia-Romagna la speculazione sul grano rovina 30mila aziende

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Sono 30 mila le aziende agricole messe a rischio in Emilia Romagna dal crollo dei prezzi del grano diminuiti del 42% rispetto al luglio del 2015.

È quanto emerge dal Dossier preparato dalla Coldiretti per la “guerra del grano” con il blitz di migliaia agricoltori nella Capitale davanti al Ministero delle Politiche Agricole in via XX Settembre, dove sono intervenuti numerosi produttori dell’Emilia Romagna. Le speculazioni che si spostano dalle banche ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli – commenta Coldiretti Emilia Romagna – hanno fatto crollare il prezzo del grano su valori che sono inferiori a quelli di 30 anni fa provocando una crisi senza precedenti.

Oggi il grano duro per la pasta – continua Coldiretti Emilia Romagna – viene pagato anche 18 centesimi al chilo mentre quello tenero per il pane è sceso addirittura ai 16 centesimi al chilo, su valori al di sotto dei costi di produzione che mettono a rischio il futuro delle 30 mila aziende agricole che producono 357 mila tonnellate di grano duro e 782 mila tonnellate di grano tenero su una superficie di quasi 200 mila ettari. A rischio non è solo la loro esistenza, ma anche il territorio agricolo regionale, che rischia la desertificazione, e gli alti livelli qualitativi per i consumatori garantiti dalla produzione made in Italy.

 

Le quotazioni dei prodotti agricoli – commenta Coldiretti Emilia Romagna – dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie speculative che trovano nel Chicago Board of Trade il punto di riferimento del commercio mondiale delle materie prime agricole su cui chiunque può investire anche con contratti derivati. Da pochi centesimi al chilo concessi agli agricoltori dipende la sopravvivenza della filiera più rappresentativa del Made in Italy mentre – denuncia Coldiretti – dal grano alla pasta i prezzi aumentano di circa del 500% e quelli dal grano al pane addirittura del 1400%.
A pesare sul grano italiano – spiega Coldiretti – sono le importazioni in chiave speculativa che si concentrano nel periodo a ridosso della raccolta e che influenzano i prezzi delle materie prime nazionali anche attraverso un mercato non sempre trasparente. Il risultato – denuncia Coldiretti – è che sono fatti con grano straniero più di un pacco di pasta su tre e più della metà del pane in vendita in Italia, ma i consumatori non lo possono sapere perché non è ancora obbligatorio indicare la provenienza in etichetta.
La qualità del grano italiano peraltro non è certo in discussione ed è confermata dalla nascita e dalla rapida proliferazione di marchi che – sottolinea Coldiretti – garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%. Un percorso che è iniziato nei primi anni della crisi sotto la spinta dell’iniziativa del progetto di Filiera Agricola Italiana (FAI) e che si è esteso ad alcune etichette della grande distribuzione (da Coop Italia a Iper) ai marchi più prestigiosi (Ghigi, Valle del grano, Jolly Sgambaro, Granoro, Armando) fino all’annuncio dello storico marchio napoletano “Voiello”, che fa capo al Gruppo Barilla, che ora vende solo pasta fatta da grano italiano al 100% di varietà “Aureo”.

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