Eutanasia e lo “spirito” di Pannella

Eutanasia e lo “spirito” di Pannella

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Signor Direttore,
l’ideologia radicale, oggi imperante, è intrisa di relativismo. Tutto è relativo e perciò disponibile, vita umana compresa. Oggi, se qualcuno si azzarda a parlare di sacralità della vita, finisce inevitabilmente in una sorta di girone costituito da bigotti e oscurantisti. Se essere bigotto vuol dire difendere la vita, allora io mi onoro di esserlo! Oggi, persino importanti settori della intellighenzia italiana vorrebbero una sorta di Pannella “santo subito”. Sottolineo che ho per la persona di Marco Pannella il massimo e sacro rispetto, come persona umana. Mentre su quella che è stata la sua linea politica e valoriale, quando era ancora in vita, la penso in modo “radicalmente” diverso. Non sono perciò un devoto dello “spirito” di Pannella. Per nulla!

Lungi da me il politicamente corretto o una sorta di onnipervadente cappellania dei luoghi comuni di cui non se ne può davvero più. Il partito radicale nasce in Italia da una scissione del partito liberale. Fin dall’inizio è perciò animato da tutti i temi cosiddetti libertari incentrati sui diritti. In realtà è una concezione della libertà, che però è monca della verità, si parla di diritti, ma sempre mancano i doveri. Non esiste il bene ma il desiderio, per cui ogni desiderio è bene, ogni scelta diviene automaticamente diritto e disposizione che in primis lo Stato dovrà garantire e soprattutto pagare. È qui che inizia l’inevitabile corticircuito. In questi giorni sento ripetutamente questa frase, in merito al dibattito sulle cosiddette Disposizioni Anticipate di Trattamento o Testamento Biologico: “Il medico deve eseguire le disposizioni del paziente”!

Come medico, se dovessi continuamente assecondare i desideri dei pazienti, si chiama in termini tecnici medicina compiacente, dovrei a ogni piè sospinto prescrivere gli antibiotici quando essi sono controindicati, dovrei dire “ha ragione!” al paziente che ha un dolore insopportabile alla mano e mi dice “tagliatemela”. Il vero desiderio del paziente è volere l’amputazione della mano o non piuttosto ci sta dicendo “toglietemi questo dolore”?

Quando un paziente dice “voglio morire”, non vuol dire che desidera la morte, ma che desidera non soffrire più. Per questo il medico deve eliminare il dolore e la sofferenza, ma non eliminare il malato! Persino Ippocrate, che parte del mondo sanitario ha troppo in fretta messo in soffitta, si rivolterebbe nella tomba esterrefatto. Nascondersi dietro la cosiddetta libera scelta diventa perciò un pretesto per il disimpegno e l’abbandono specie per quanto concerne le situazioni meno gratificanti da gestire nel campo dell’assistenza, dicendo che “non c’è più nulla da fare”. Senza dimenticarsi poi il denaro e quello che sta diventando nella sanità mondiale il business della eutanasia e del suicidio assistito. Si parla di circa 13mila euro il costo della procedura per mettere fine alla vita in Svizzera. E per qualche contabile dello Stato e delle sue casse potrebbe essere una interessante soluzione e grande risparmio in tema di pensioni e sanità. C’è sempre il denaro dietro. Guarda un pò! Così è per l’utero in affitto, per gli aborti, per la fecondazione eterologa… La vita vale forse un bonifico?

Glauco Santi

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