Alternanza scuola lavoro, gli studenti di Parma: così non funziona

Alternanza scuola lavoro, gli studenti di Parma: così non funziona

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L’alternanza scuola lavoro a Parma non funziona. Almeno non per tutti. Anche su questo fronte si registra una netta spaccatura, un solco profondo che divide gli studenti dei licei da quelli degli istituti tecnici. A sostenerlo è la Rete degli Studenti Medi di Parma, guidata dalla coordinatrice regionale Camilla Scarpa, che lancia un appello alle istituzioni perché rivedano l’attuale impostazione. Scuole simbolo scelte per l’occasione, il liceo classico Romagnosi e l’Itis Leonardo Da Vinci.

Dal questionario sottoposto a circa 300 studenti del quarto anno – ha spiega Camilla Scarpa – è emerso un dato inquietante: per l’80% degli studenti del liceo, il percorso di alternanza scuola lavoro non ha avuto alcuna attinenza con il percorso di studi. Dato che all’Itis scende al 21%. Percentuali preoccupanti emergono anche dalle altre risposte degli studenti: il 44% dei liceali non sapeva di avere un’assicurazione sul lavoro e il 61% non ha ricevuto abbastanza informazioni o materiale in materia di sicurezza sul posto di lavoro. Il 69% degli studenti dell’Itis dichiara invece di non avere avuto incontri in materia di diritti dei lavoratori, così come il 44% dei liceali. E, per finire, il 44,5% degli studenti – media fra i due indirizzi scolastici – non ha neppure conosciuto il docente referente del percorso di alternanza scuola lavoro.

Per questo a Parma, come in tutta l’Emilia-Romagna – sottolinea la coordinatrice regionale – Rete degli Studenti Medi ha deciso di lanciare “Feel All Rights”, una campagna di sensibilizzazione sulla condizione del diritto allo studio, con l’obiettivo di rilanciare la proposta di una nuova legge regionale“.

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Camilla Scarpa, coordinatrice regionale della Rete degli Studenti Medi

Gli studenti dei licei, avendo seguito un percorso di studi meno professionalizzante, vengono indirizzati più verso il settore pubblico – Comune, Casa della Musica ed altri enti anche di volontariato – mentre i ragazzi degli istituti tecnici hanno la possibilità di incontrare le aziende che operano sul territorio.

Pietro Zgaga, rappresentante d’istituto del Romagnosi, sottolinea che alcuni studenti del liceo sono stati impiegati anche in parrocchia: “Per l’80% le mansioni svolte non sono risultate corrispondenti al percorso di studio“.

I ragazzi però plaudono all’impegno della scuola. “Non è facile – dicono – dislocare 150 ragazzi in posti diversi, incidendo il meno possibile sul programma di studio“. Anche se lamentano casi in cui non c’è stata la necessaria sincronizzazione dei percorsi, con il risultato che metà ragazzi erano al lavoro e l’altra metà in classe. Con evidente difficoltà per tutti. Docenti compresi.

Ma c’è un altro tasto dolente: il compenso. Non è previsto dalla legge, ma alcuni ragazzi hanno ricevuto un rimborso spese. “Molti ragazzi sono rimasti delusi perché non sono stati pagati durante l’esperienza – spiega Ana Maria Cerevatova dell’Itis Da Vinci – mentre altri hanno avuto un rimborso. Da noi comunque l’alternanza scuola lavoro ha funzionato abbastanza bene e i ragazzi erano informati su tutto“.

Tra i soddisfatti anche Giulio Zambrelli dell’Itis Da Vinci, che snocciola il lungo elenco di visite e di incontri fatti durante questo periodo. Dall’Arpa al termovalorizzatore. Ma sottolinea anche gli incontri con Glaxo e Chiesi per un focus sulla scrittura del curriculum professionale.

Tutti gli studenti però lamentano in coro il numero eccessivo di ore previste per l’alternanza scuola lavoro – 400 per gli istituti tecnici e 200 per i licei, da suddividere in tre anni – tempo sottratto allo studio di un programma comunque vasto, che vedrebbe in difficoltà anche gli stessi insegnanti.

Sull’opportunità dell’alternanza scuola lavoro nei licei, c’è anche chi si dice contrario. “E’ l’effetto della svalutazione del sapere teorico che si trascina ormai da anni“, dice qualcuno.

La Rete degli Studenti Medi – sottolinea però Camilla Scarpa – non è contraria ai percorsi di alternanza. Siamo molto perplessi su come viene gestita in questo momento non solo a Parma, ma in tutte le città dell’Emilia Romagna. Ovunque non c’è coerenza tra mansioni e percorsi di studio“.

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