Sensibilità, questa grande sconosciuta… tra violenze ed ipocrisie. Anche a Parma

Sensibilità, questa grande sconosciuta… tra violenze ed ipocrisie. Anche a Parma

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Pochi giorni fa all’uscita di una scuola materna di Parma ho visto sfrecciare ad alta velocità, minimo a 80 Km orari, un’automobile guidata da una ragazza. Episodi che succedono spesso davanti ad un paio di scuole di mia conoscenza. Quel giorno c’era un signore, neanche nonno. Temendo il pericolo per i bambini, nella rabbia, fece un gesto scurrile alla conducente dell’auto. L’unica cosa che potesse fare in quel momento. Ad intervenire fu una mamma che stava andando a prendere il figlio a scuola. Intervenne sì… ma in difesa dell’automobilista che aveva subito il gesto. Iniziò ad aggredire il signore con una furia che la rendeva incapace di pensare che un gesto (se pur scurrile) non uccide ma l’alta velocità di un automobilista sfacciato potrebbe uccidere anche suo figlio davanti la scuola.

Negli ultimi giorni si è tanto parlato di episodi di violenza. Oggi signor Direttore mi sono permessa di scriverle perché non ho potuto far a meno di constatare la solidarietà che si crea nell’incolpare gli altri degli episodi di violenza che accadono. Io ritengo che tutti siamo colpevoli. Esistono persone in grado d’intervenire davanti a situazioni di potenziale pericolo ma il rischio è di trovarsi immischiati in qualcosa di più grande come il signore dinanzi la scuola perché un insano bisogno d’attaccare, che si sta diffondendo a macchia d’olio nella società, acceca la capacità di distinguere il bene dal male.

Le persone facili a scatti di violenza sono sempre esistite ed esiteranno sempre. Le leggi, i sistemi di sicurezza potranno ridimensionare il problema fungendo da deterrente ma non serviranno a estirparlo perché è nell’anima umana. Gli episodi di violenza non sono altro che figli della nostra insensibilità e della nostra ignoranza. E quando parlo di sensibilità non mi riferisco  al soffrire e rimanere male quando subisci un torto da un amico, dal capo, dal tuo ragazzo da un tuo parente. Sensibilità è capire cosa sta provando l’altro in quel momento, entrare nel suo cuore, leggere nei suoi occhi, sentire la sua sofferenza e il suo malessere dentro di te e non aver pace per lui. Chiedere ad una persona insensibile d’usare empatia e come chiedere ad un asino di volare.

Forse è l’insensibilità che spinge ad attaccare per far gruppo, per sentirsi importanti, superiori. I pregiudizi ci portano a temere soprattutto quegli ambienti di emarginazione sociale dove la durezza e la disperazione della vita, qualche volta prendono il sopravvento, anche se non ritengo giusto generalizzare. Ma c’è un’altra forma di violenza celata dietro un falso perbenismo e un’arrogante superficialità. La logica del guadagno porta a concepire l’”altro” in funzione dell’utilità economica che può apportare. “Io ti stimo e ti accolgo solo se mi puoi essere utile”. Cosa si può pretendere dai loro figli, dai nostri figli? Che prendano per mano la vecchietta, che aiutano il bambino disabile a scuola e tutti quelli che non hanno da offrire niente?

Per la strada vedo signore anziane e di mezza età inveire contro chiunque, perfino contro innocenti bambini di pochi anni trasformando un urto involontario in un violento calcio dato di proposito, vedo uomini aggredire donne sole con bambini solo per essere stati urtati, vedo mamme che organizzano crociate punitive contro il bimbo più vivace della classe perché temono che diventi un pericolo per i loro figli quando di pericoloso c’è solo il loro di comportamento, una forma di “bullismo” giustificato per il bene del proprio figlio.

Si teme sempre ciò che è dentro di noi.  Vedo l’arrogante insensibilità dei gruppetti nei confronti di chi è in posizione d’inferiorità. Sento parlare di mogli e mariti costretti a subire fra le mure domestiche tradimenti e violenze, persone che non trovano via d’uscite per quanto cerchino di parlarne. Si confidano con amici o parenti ma loro stessi vengono “etichettati senza dignità” o colpevoli  se subiscono. La società li costringe al silenzio. Questa non è violenza? Quella violenza nascosta dentro ogni uomo, quella più subdola perché non è sotto la nostra attenzione finché non succede l’irreparabile. Solo allora interveniamo.

Io non temo l’arroganza degli insensibili ma la paura dei buoni ad intervenire dinanzi alla dilagante ipocrisia.

Maria Sole

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