Unione Valli Taro e Ceno, Consiglio di Stato boccia il Comune di...

Unione Valli Taro e Ceno, Consiglio di Stato boccia il Comune di Terenzo

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Il Comune di Terenzo non poteva fare marcia indietro sull’adesione all’Unione dei Comuni Valli Taro e Ceno – di cui fanno parte anche Bore, Borgo Val di Taro, Compiano, Pellegrino, Terenzo, Tornolo, Varno de’ Melegari e Varsi – deliberata dal consiglio comunale il 5 novembre 2013. Lo ha deciso la quinta sezione del Consiglio di Stato, confermando in pieno la sentenza emessa dal Tar di Parma.

Il Comune di Terenzo, inoltre, con delibere successive ha conferito all’Unione il servizio di progettazione e gestione del sistema locale dei servizi sociali ed erogazione delle rispettive prestazioni, servizi in materia statistica, di protezione civile, di gestione dei sistemi informatici e delle tecnologie dell’informazione, e di gestione dello sportello unico telematico delle attività produttive. Ma appena un anno dopo la prima deliberazione, l’improvvisa retromarcia con la delibera consiliare del 13 novembre 2014, con la quale, con un sol colpo di spugna, revoca tutte le delibere precedenti. L’intenzione, a quanto pare, era quella di gestire i servizi in forma associata con altri Comuni della zona.

Ma la retromarcia così repentina è stata impugnata davanti al Tar di Parma dalla stessa Unione dei Comuni Valli Taro e Ceno, affiancata dalla Regione Emilia Romagna, sostenendo sostanzialmente che la revoca delle delibere equivale a recesso, strumento questo esercitabile soltanto dopo 5 anni dall’adesione. Versione questa condivisa dai giudici del Tar parmigiano, che hanno di fatto cassato la delibera di “revoca”.

Il Comune di Terenzo ha quindi deciso di ricorrere in appello davanti al Consiglio di Stato, sostenendo un travisamento dei fatti da parte del Tar di Parma. Ma anche a Roma gli amministratori di Terenzo hanno avuto torto.

“Del tutto correttamente pertanto i primi giudici hanno rilevato che la delibera impugnata, ancorché formalmente qualificata dalla stessa amministrazione di Terenzo come ‘revoca’ della precedente delibera di costituzione dell’Unione e di approvazione dello Statuto dell’Unione, non può far venir meno il vincolo volontariamente assunto proprio con la costituzione dell’Unione e con l’approvazione del relativo statuto, giacché gli effetti della delibera originaria n. 34 del 5 novembre 2013 si sono definitivamente esauriti – scrivono i giudici del Consiglio di Stato –Ad avviso del Collegio, dalla lettura delle disposizioni sopra riportate, si evince che – una volta costituito il vincolo tra i Comuni interessati – la sopravvenuta rivalutazione degli interessi pubblici si può effettuare unicamente mediante un atto di ‘recesso’, emanabile solo dopo che il vincolo abbia avuto una durata di cinque anni”. 

“Nella specie – continua il Consiglio di Stato – la delibera di ‘revoca’ va piuttosto qualificata come un atto di ‘recesso’ dalla Unione: l’atto impugnato in primo grado ha posto in essere una diversa ponderazione degli interessi da parte del Comune di Terenzo, ma si è autoqualificato come ‘revoca’ per evitare l’applicazione della stringente previsione sulla durata minima del vincolo, solo decorsa la quale si sarebbe potura emanare la delibera di ‘recesso’. In altri termini, il Comune di Terenzo si è a suo tempo autovincolato alla stabilità minima del rapporto e, pertanto, non avrebbe potuto evitare l’applicazione della previsione sulla sua durata minima, esercitando ante tempus – in luogo dell’ordinario potere di ‘recesso’ – il potere di ‘revoca’, escluso dalla originaria pattuizione”.

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