Mi chiamo Imamba vengo dal Senegal e faccio il parcheggiatore abusivo per...

Mi chiamo Imamba vengo dal Senegal e faccio il parcheggiatore abusivo per sopravvivere

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20160613_102129.jpgHanno gli occhi grandi, con un fondo d’ingenuità che caratterizza chi non si trova nel proprio ambiente. Loro sono i parcheggiatori abusivi, quelli che s’intrufolano nei luoghi affollati, tipo supermercati, ospedali, centri commerciali e dirigono il traffico di chi arriva e di chi parte, cercando in cambio qualche moneta o di vendere prodotti poveri, come calze e fazzoletti. La gente su di loro si spacca nei giudizi. “Sono una piaga sociale, andrebbero eliminati dicono i critici. Non è possibile che uno vada a fare la spesa e sia continuamente disturbato dalle loro richieste”.

“L’amministrazione cittadina deve fare qualcosa” queste le parole di Giacomo un trentenne parmigiano che ne ha davvero le scatole piene. Sulla stessa linea Gianni imprenditore cinquantenne: “Basta non se ne può più di loro, che tornassero al proprio paese, tolgono dignità e decoro alla città”.

20160613_102623.jpgAnche Leonardo che incontriamo in via Abbeveratoia vicino all’ospedale è categorico: “Questi ragazzi di colore dovrebbero essere occupati in altre attività, non possono disturbare le persone che tra l’altro in questa zona vanno a trovare parenti magari gravi”. In via Volturno nel grande parcheggio dell’Ospedale da qualche mese è stato aperto un gabbiotto gestito dall’Auser.

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Qui incontriamo Del Grosso l’operatore che sovraintende al flusso di auto. “Da quando siamo qui noi le cose sono migliorate di giorno. Ma appena fa buio si torna ad avere paura. Sabato una donna è stata circondata da gente di colore che le ha chiesto insistentemente dei soldi e sono dovute intervenire le forze dell’ordine per sventare una situazione che si stava facendo minacciosa”.

Viale dei Mille zona calda di Parma non sfugge alla regola del parcheggiatore abusivo di colore: “Mi chiamo Imamba e sono in Italia da 6 mesi, vengo dal Senegal e cerco un altro tipo di lavoro ma per noi le porte sono sbarrate. L’alternativa sarebbe quella di diventare spacciatore ma la mia fede e la mia educazione m’impedisce di trattare simili porcherie. Eppure molti miei connazionali hanno scelto questa strada più facile e guadagnano tanto, ma i soldi facili si sa danno alla testa e portano male”.

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Al Conad di via Piacenza un simpatico ed estroverso ragazzo di colore dirige il traffico con maestria senza chiedere niente in cambio. Ma la gente che si vede che lo conoscono, qualche moneta gliela danno salutandolo. “Alla fine della giornata- dice il ragazzo che si chiama Kevin ed è un ivoriano – riesco a mettere insieme il pranzo con la cena e pagare una stanza in affitto. Non faccio nulla di male, anzi, una volta una donna era stata scippata ed io ho inseguito il ladro, un marocchino, riuscendo a bloccarlo e a fare restituire la borsa all’anziana vittima. Per quell’occasione mi hanno regalato tanti prodotti alimentari da sfamare una famiglia per un mese e ad essere sincero ne vado fiero. Certo se trovasi un altro lavoro sarei più contento visto che al mio Paese ero laureato”.

Nel parcheggio i clienti sono divisi: “Che male fanno? nessuno” è la risposta della maggior parte delle donne, mentre gli uomini sono più duri: “A noi danno fastidio, ci sembra una forma indiretta di accattonaggio”.

Non solo ragazzi di colore ma vicino al Barilla Center anche un napoletano fa questo lavoro: “E’ insopportabile dichiara Paolo”. Tutte le volte che vado in palestra batte dei soldi come se fosse il padrone della strada”.

Per chiudere un gruppo di insegnanti ‘dal cuore tenero’ come si autodefiniscono: “Non c’è lavoro per noi parmigiani, figuriamoci per loro. Quando possiamo qualche moneta gliela diamo, non fanno male a nessuno e nei loro occhi leggiamo una profonda tristezza e nostalgia”.

Antonio Terraneo

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