Stiffelio e il Family Day, la politica entra in teatro

Stiffelio e il Family Day, la politica entra in teatro

1995
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Che cosa possa c’entrare Verdi col Family Day è certamente un mistero recondito che può albergare solo nella mente del regista dello Stiffelio, sceneggiato al Teatro Farnese di Parma, Graham Vick. Forse anche lui è vittima della solita narrazione iconoclasta che vede nella famiglia naturale e nel matrimonio fra un uomo e una donna lugubri stereotipi da abbattere in quanto contenitori di ogni male. N

ello Stiffelio Giuseppe Verdi non affronta sicuramente il tema del matrimonio omosessuale e delle adozioni alle coppie omosessuali che, nel lontano 1850, data della sua prima esecuzione, a nessuno passava neppure per l’anticamera del cervello di voler legalizzare. Lo stesso Papa Francesco ha definito l’ideologia Gender come una forma di colonizzazione ideologica e il fatto che tale operazione sia stata portata avanti proprio da un regista inglese ne è purtroppo una triste conferma. Ahi, serva Italia, direbbe Dante.

Tra l’altro nelle sue interviste preliminari il regista esplicitamente afferma di voler in questo modo arginare l’attuale “deriva verso destra” dell’Europa. Politicizzato direi fino al collo! Verdi piuttosto dovrebbe rappresentare un’importante occasione per la riscoperta e la valorizzazione di una identità nazionale italiana fortemente minacciata da una globalizzazione selvaggia sempre più aggressiva. La parola d’ordine generale è infatti destrutturare. Distruzione dell’identità nazionale, distruzione della famiglia naturale, dissoluzione dell’identità sessuale.

Ben venga una certa “estrosità” scenografica del regista inglese, anche se criticata dallo stesso maestro Muti che aveva invitato i loggionisti a “fare le barricate”. Ben vengano anche, con riserva, gli spettatori in piedi e tutto quel che si vuole. Ben venga perciò la creatività un po’ anarchica e provocatrice di un artista anglofono. Ma cosa c’entra il Family Day? Ai posteri l’ardua sentenza!

Constato però, con rammarico, che quando a un Festival si vuole mettere un cappello ideologico alquanto artificioso si va decisamente poco lontano.

Glauco Santi

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