Terrorismo ed emarginazione, rischio anche da noi

Terrorismo ed emarginazione, rischio anche da noi

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Egregio Direttore,

ora anche noi abbiamo le banlieue nelle periferie urbane ad alta densità immigratoria, con un aumento enorme di clandestini che sono quelli che vengono reclutati  dalle organizzazioni che seminano terrore. Sembra proprio che i gravi fatti di Bruxelles, di Parigi, Manchester e Londra,  abbiano visto la partecipazione  di cittadini delle periferie più degradate, individui psicologicamente fragili, ma anche donne, e giovani  provenienti da famiglie normalmente costituite.

I giovani in mancanza di utopie e ideali, sono quindi alla ricerca di qualcosa in cui credere. Siamo di fronte a “terroristi di vocazione” che devono cioè appagare un bisogno interiore, spirituale, la conversione poi alla jihad diventa una reazione alla disintegrazione dell’identità sociale. Sia chiaro, nulla ha a che fare con lo sbarco quotidiano di persone che fuggono dalle guerre,  i terroristi che seminano terrore, in Francia come in Inghilterra  sono figli di immigrati di seconda o terza generazione, sono nati e cresciuti in Europa, ed anche in Italia se non avremo la capacità di integrarli ci troveremo in casa clandestini e  potenziali terroristi.

I medesimi, facenti parte di una generazione parallela alle nostre, sono stati lasciati nell’oblio più assoluto, per non parlare di integrazione, non esiste nessuna volontà in tal senso ed ora ne stiamo pagando il prezzo. Più diseguaglianze, meno integrazione e ceto medio corroso, sono  gli effetti della povertà che genera emarginazione. Ma la povertà ha cambiato volto, non riguarda più alcune zone del nostro sud, ora causa la grave mancanza di lavoro, si riscontra precarietà anche nel ricco nord, travalicando i confini, ed è ancor più grave perché giunta inaspettata  colpendo anche chi non la conosceva . Il ceto medio che reggeva il paese, e faceva da collante sociale,  è stato praticamente sterminato e spinto verso una sorta di sottoproletariato urbano che ha generato povertà e emarginazione sociale.

L’appartenenza alla U.E. presuppone, “oltre una struttura di difesa europea unica”, uno stesso sistema di pubblica sicurezza,  di politica estera, economica, un unico governo per gestire l’immigrazione,  e la conseguente integrazione culturale perché abbiamo ancora troppi immigrati che non conoscono ancora la nostra lingua,  un’agenzia di Intelligence comune  unita e coesa per gli stessi obiettivi. Se vogliamo evitare altri atti così vili come quello di Londra, occorre che i vari “servizi  di sicurezza”, dei singoli stati collaborino strettamente tra di loro. In Inghilterra la maggior parte dei musulmani, occupano un ruolo minoritario nella società britannica, anche quelli di seconda generazione, vivono nei sobborghi, non certo in centro città.

Il «modello Sadiq Kahn», il sindaco di Londra musulmano, dipinto come il simbolo di una nuova Inghilterra capace di accogliere, dunque è probabilmente ancora troppo fragile per poter mettere al riparto la Gran Bretagna da Isis. Da noi nelle periferie più estreme delle nostre città come Milano, Brescia, Torino, Roma, dove l’odio ha prevalso su migliaia di persone a causa delle loro condizioni di isolamento sociale e che proprio per tali motivi rischiamo veramente fenomeni di terrorismo. Occorrono politiche inclusive per aiutare le nostre periferie più degradate anziché considerarli territori off limits per i valori repubblicani, refrattari ad ogni tentativo di integrazione mai andata a buon fine e solo strumento demagogico.

Rino Basili

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