Bonus mamme, una giusta misura

Bonus mamme, una giusta misura

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Egregio Direttore,

il “bonus mamme”, appena varato dal governo, erogato per i nati nel 2017 e fruibile indipendentemente dal reddito, sembra iniquo, ma in realtà la sua universalità è positiva, è una caratteristica degli stati sociali più evoluti d’Europa. Da noi spesso in questi casi, la presentazione dell’Isee è uno strumento fatto per escludere, visto che le soglie di reddito sono così basse che il ceto medio non riesce mai ad accedervi.

Quindi il problema vero è il fatto che si tratta di un “welfare una tantum“, e non strutturale, positivo comunque ma fa pensare ad, “una mancia elettorale”. Il bonus mamme dato alla nascita esiste in quasi tutti i Paesi europei, ma da loro è strutturale e pensato per le prime spese, corredo del neonato o altro, tanto che poi diminuisce col secondo figlio, si utilizzerà lo stesso usato per il primo. Da noi le politiche per l’infanzia non sono così robuste da spingere le persone a fare i figli e così non  invertiremo mai la demografia, con prospettive di un paese di vecchi. È un rapporto di causa effetto semplice: un buon lavoro, significherebbe avere il modo de fare figli.

Occorre maggiore accesso ai servizi per la famiglia, politiche attive del lavoro e contrattazione territoriale e aziendale, possono rappresentare quel valore aggiunto alle misure poste in essere dal Governo. Parlare di natalità, maternità e genitorialità, non è solo questione di bonus, ma un tema da affrontare alla luce di molti fattori che incidono sulla scelta di essere genitori, cioè di diventare madri e padri in una società alle prese con una crisi senza precedenti. E’ stata colpita l’occupazione, ridotto il potere d’acquisto dei salari e tagliati pesantemente i servizi a sostegno dell’infanzia e della famiglia, se non si va in favore della crescita economica, con conseguenti posti di lavoro, il sistema rischia di implodere.

Rino Basili

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