4-5-6 novembre – Al Parco prima nazionale di “Tutto quello che so...

4-5-6 novembre – Al Parco prima nazionale di “Tutto quello che so del grano” del Teatro delle Ariette

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tutto-quello-che-so-del-grano_ph-s-vaja_dsc02418“Serata al Parco”, la rassegna di teatro contemporaneo del Teatro delle Briciole, apre con la prima nazionale, il 4 e 5 novembre alle 21 al Teatro al Parco, di “Tutto quello che so del grano”, il nuovo spettacolo del Teatro delle Ariette diretto da Paola Berselli e Stefano Pasquini, in scena insieme a Maurizio Ferraresi. L’intenso racconto del proprio vissuto tra crisi e rinascite, del teatro che si radica alla terra e alle sue leggi, diventa condivisione di un’idea di storia come inizio, del cibo come relazione umana, esperienza dei riti della civiltà contadina, che possono rivivere oggi nel rito del teatro e dove il grano non è altro che simbolo della vita, del futuro e del ritorno all’origine. Gli spettatori possono portare da casa un pane, una focaccia, una pizza. Dopo lo spettacolo Fratelli Galloni Prosciutti di Parma e Azienda vitivinicola Lamoretti offrono al pubblico una degustazione di prosciutto e vino. “Tutto quello che so del grano” genera anche, il 6 novembre alle 18, un evento teatrale collettivo ad ingresso libero. Ogni spettatore, con la propria presenza, potrà essere l’artefice di questo rito di festa, di morte e rinascita, di semina e raccolto. Quel rito chiamato Teatro. I partecipanti sono invitato di portare, oltre al cibo da condividere, una lettera, scritta o ricevuta, che stia loro particolarmente a cuore.

Una focaccia, una lettera, un uomo e una donna, che vivono insieme da più di trent’anni, coltivano la terra, allevano animali e fanno teatro: questi i soggetti del nuovo lavoro della Compagnia.  Forse la sera prima hanno litigato e per questo l’uomo si sveglia presto e impasta una focaccia per lei, con la farina del grano che hanno coltivato. È da venticinque anni che seminano il grano insieme, così lui decide, nelle pause, tra una lievitazione e l’altra, di scriverle una lettera, una sorta di testamento, per dirle tutto quello che sa del grano, tutto quello che crede di avere imparato o pensa di avere capito. Scrive per lei, perché è un’attrice, per regalarle un monologo così bello da vincere tutti i premi e avere un grande successo, perché lei possa leggere e dire le sue parole di fronte agli spettatori e lui possa, nascosto tra loro, ascoltarle, pronunciate dalla sua voce, ogni sera, per sempre.

“Tutto quello che so può essere niente – scrive il Teatro delle Ariette, quest’anno giunto al suo ventennale di attività – E il grano? Alle soglie dei sessant’anni, qualcosa devi pure avere imparato, qualcosa devi sapere, e questo qualcosa non puoi tenerlo per te, perché fai teatro, perché sei un’attrice…“Tutto quello che so del grano” è una sorta di pausa, una meditazione collettiva su quello che sappiamo di noi stessi, dei nostri simili e della terra che abitiamo. Quel “sapere” che cerchiamo, che vogliamo ascoltare e raccontare, non è solo un sapere scientifico. Cerchiamo piuttosto di condividere un sapere intuitivo e sentimentale, che appartiene al campo dell’esperienza materiale: i ricordi, le emozioni, i sentimenti, la farina, l’acqua, il pane e il vino”.

Al termine delle due repliche seguirà la video proiezione “Le stagioni delle Ariette. 17 anni di fotografie di teatro” a cura di Stefano Vaja, fotografo parmigiano che segue il lavoro della Compagnia bolognese dal 2000. Proprio per raccontarne le ‘stagioni della vita’ ha realizzato una scelta di scatti in occasione dei vent’anni di attività del Teatro delle Ariette in cui emergono i tratti salienti della loro ricerca teatrale: il teatro nella relazione con il proprio territorio, il teatro fuori dagli spazi convenzionali, l’incontro ravvicinato tra attori e spettatori nell’intimità di una casa, la condivisione delle esperienze.

“Stare insieme, guardarci, ascoltarci, muoverci insieme, camminare – scrive Stefano Pasquini – Imparare una piccola coreografia. Usare il corpo, la voce e la memoria per domandarci insieme tutto quello che sappiamo del grano, cioè della nostra civiltà, cioè di noi. Per tornare a casa, in quel posto dove eravamo già stati, ritrovare quella luce, quelle piante cresciute tra le pietre, i fiori selvatici che sbucano dal catrame, quella promessa di vita e di futuro. Tornare in quel posto per interrogarlo, condividerlo, riprendere i giochi interrotti nell’infanzia e mettere tutta l’immaginazione della vita davanti, osservare l’espandersi delle radici. Luce, luce e ancora luce su un mondo che ancora non c’è, ma sta per sbocciare, germogliare, nascere. Nascere seme. Un chicco di grano. Frutto e seme allo stesso tempo. Raccolto di un percorso passato e promessa di futuro. Chicco da macinare, per diventare farina ed essere mangiato come nutrimento. Seme da affidare alla terra, per diventare raccolto. Nello stesso chicco tutto il tempo, tutto l’universo. L’universo in un seme. Tutta l’umanità, tutti i tempi, tutte le vite, animali, vegetali, minerali, racchiuse in quel seme. Cosa c’è scritto nel DNA del seme che siamo?”.

I biglietti sono in vendita allo Iat di Piazza Garibaldi, al Parma Point di Via Garibaldi, nei punti vendita Vivaticket e al Teatro al Parco, online sul sito www.vivaticket.it. Info: tel. 0521 992044.

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