Ancora morti sul lavoro

Ancora morti sul lavoro

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Egregio Direttore,

tre lavoratori morti sul lavoro in pochi giorni, dall’inizio dell’anno 500 sono morti mentre lavoravano, un dato inaccettabile che rappresenta una situazione drammatica. Queste morti non sono mai la conseguenza della fatalità ma della mancanza di rispetto delle imprese per le procedure e le regole di sicurezza. Questa realtà mostra drammaticamente l’inadeguatezza dei sistemi di prevenzione e delle misure tali da assicurare effettive garanzie per l’incolumità e la sicurezza. Questa realtà è la conseguenza di comportamenti che mettono in secondo piano le condizioni di lavoro e sottovalutano la necessità della prevenzione. La vita delle persone, il lavoro e le condizioni in cui si svolge, non possono essere subordinate all’interesse economico e al profitto. Va contrastato qualsiasi peggioramento delle norme sulla sicurezza.

La situazione di difficoltà economica come l’attuale, fa venire meno le attenzioni e le motivazioni a investire, “in sicurezza”, da parte delle aziende. Le morti sul lavoro sono la conseguenza di una cultura predominante che ha messo il profitto e l’economia al primo posto, relegando il lavoro e la persona umana a semplice fattore produttivo, specie nei settori più esposti alla concorrenza e al mercato al ribasso degli appalti. Occorre da subito ristabilire che la sicurezza e la salute dei lavoratori siano la priorità da salvaguardare e tutelare a tutti i costi e con ogni strumento, nella cultura delle aziende, delle istituzioni e dei settori pubblici ai quali è demandata la funzione ispettiva e di controllo. Ogni vita spezzata è una grande perdita, umana e culturale e motivo di grande dolore per tutti. L’incolumità e la salute dei lavoratori costituiscono valori primari per la nostra società. Occorre quindi un cambio culturale sensibilizzando  con spot pubblicitari che le nuove forme di comunicazione prevedono, e con i costi a carico del Ministero del Lavoro, affinché finisca questa mattanza non degna di un paese civile come il nostro.

Rino  Basili

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